martedì 19 settembre 2017

NOIZE ON THE BAYOU: COME E PERCHE'

NOIZE ON THE BAYOU: COME E PERCHE'NOIZE ON THE BAYOU: COME E PERCHE'


Abituati a muoverci negli spazi ristretti e nei percorsi obbligati dell’attualità che continuamente ci incalza, restiamo paralizzati – quando vogliamo aprire gli occhi – di fronte allo scenario aperto di una produzione musicale di proporzioni immani. Un orizzonte sconfinato  che avevamo dimenticato o neppure immaginavamo che esistesse. Confusi e schiacciati, fino al timor panico, dalla assoluta libertà di scelta fra uno sterminato plateau di note di dimensioni inimmaginabili. Affondare in questo oceano dovrebbe significare fare una scoperta che ci aiuti a capire meglio l’antropologia di tutto ciò che oggi captano le nostre orecchie, se solo si rinunciasse per un attimo al bizzarro pregiudizio che vuole solo il presente degno di assurgere agli onori delle prime pagine, dove l’azione immateriale della “kultura”, con il cinismo che la contraddistingue, continua a praticare quel processo di assimilazione forzata che tende a cancellare ogni memoria. E tanto più di questa attualità se ne decantano qualità e peculiarità, tanto più l’opera livellatrice dell’informazione riesce a lobotomizzare le nostre menti, fino al punto di rendere ogni “quando” un “sempre” indifferenziato. Invece che testimoni di ogni evento sonoro e pellegrini di ogni tempo, siamo così diventati vedenti senza un passato su cui posare gli occhi e viandanti senza più una storia su cui posare i piedi. Condannati a consumare simulacri – immagini dell’oggi e suoni del domani – in un corto circuito d’informazioni al quale la storia e la tradizione non servono che da lontano pretesto. Per sopravvivere e sfuggire all’eutanasia di una disinformazione cloroformizzante, non si può quindi che rintanarsi nelle superstiti occasioni di rivisitazione che il mercato dell’editoria sempre più raramente ci concede, sorpassando a destra la feroce regola che ci vorrebbe  obbligati a viaggiare nello strano deserto popolato della contemporaneità e del suono medio dell’ambiente. 
Non suoni questa come la solita, tediosa litania da nostalgico, vecchio rocker; ma quanti appassionati hanno la memoria che oltrepassa la barriera – oserei dire ideologica – del 1977, che già appartiene al giurassico, quando più probabilmente non di dieci o più anni spostata in avanti? Quanti? E quanti acquirenti? Un conto è infatti conoscere, magari apprezzando, se pur in linea teorica, un conto è entrare in un negozio ed acquistare. Talvolta è supponenza, talvolta semplice questione anagrafica.
Pertanto, nel pieno rispetto di chi per mestiere si arrabatta a scoprire l’ultima moda del momento, noi di Noize On The Bayou tenderemo ad un diverso focus, attraverso il quale - nel nostro piccolo e con molta modestia e dedizione - sarà nostro precipuo obiettivo fornire una chiave di lettura “altra” di tutto il magma sonoro che quotidianamente ci avvolge. Ovviamente, questo significherà anche fare un elenco di quanta produzione discografica, anche di altissimo livello, è rimasta sommersa dal corso del tempo, e stimolare così il recupero. Ciononostante non sarà, Noize On The Bayou, una rivista passatista. Non sarà una rivista che lascerà cadere una  maschera pseudo avanguardista per rivelare la sua intima vocazione al passato. Semplicemente noi il passato lo tireremo fuori dalle secche di un instabile e sospettoso rapporto con il nuovo pubblico, senza perdere di vista, nemmeno per un istante, i vitali messaggi, le geniali anticipazioni, le oscure profezie estetiche e morali, insomma, tutti gli sviluppi creativi che il microcosmo delle sette note saprà offrirci.
Già il nome dovrebbe contribuire ad identificarci. Noize (rigorosamente con la “zeta”, come usa nella suburbia), rumore, vale a dire ciò che dagli anni novanta è iniziato ad assurgere al rango di nuovo oggetto di culto, segnando un’epoca storica: dai Sonic Youth ai Nirvana, fino alle avanguardie iconoclaste guidate da John Zorn, per poi passare a ciò che venne definito post-rock per giungere. Il nostro rumore però si sciacqua nel bayou, pozza acquitrinosa della zona del delta del Mississippi che, oltre a dare i natali a un numero non disprezzabile di alligatori, è anche la culla delle dodici battute del down home blues da cui tutto sarebbe in seguito derivato (jazz, rock’n’roll, hip-hop e metal compresi). Una rivista strabica dunque, in cui non solo ogni commistione sarà lecita, ma diverrà pratica non più tabù cercare contatto/contaminazione con tutte le musiche e le epoche possibili.
Noize On The Bayou è anche – va detto – parafrasi di Born On The Bayou, contrassegno stilistico di un gruppo quale i Creedence Clearwater Revival, una faccenda strettamente personale di amore cinquantennale che ha portato chi ha avuto la malsana idea di concepire questa rivista ad eleggere (imporre) il loro leader John Fogerty al rango di spiritual guidance. Dunque qualcosa di estremamente consapevole e mirato. Attenzione! Nello spirito più che nella lettera. Infatti la politica di Noize On The Bayou non sarà orientata ad alcun stile musicale, né si rivolgerà a specifiche generazioni di musicisti. Noi infatti pensiamo che il raccontare di musica non debba essere una faccenda a compartimenti stagni, ove i vari generi raramente interagiscono e i fruitori si dividono in tribù da stadio. E’ insomma nostra intenzione appropriarci dell’attitudine del conoscere che ha informato di sè almeno gli ultimi 35 anni di rock, ed oggi tanto diffusa da essere pratica comune sui dischi ma un po’ meno sulla carta stampata.
Accanto a nomi grandi e fiammeggianti, troveranno così posto falde di musica poco frequentata. Bravi e sconosciuti beautiful losers o stars reinghiottite dall’anonimato. Sono questi, anzi, i nomi che ci “acchiappano” di più. E lì fuori esistono miliardi di musicisti eccellenti che altro non aspettano che qualcuno rilevi e divulghi la loro statura di artisti. Tutto ciò nonostante la stragrande maggioranza della stampa di settore si ostini a parlare in maniera pressoché esclusiva di ciò che gli viene passato dall’industria.
Non c’è dunque bisogno alcuno di uno spunto di attualità per parlare di Creedence Clearwater Revival (noblesse oblige), Korn, Seldom Scene, Metallica, Dave Grohl, Afghan Whigs, Pixies, Roy Wood, Robert Johnson, King Crimson, Subsonica, Incredibile String Band perché sono più attuali che mai e la loro influenza è presente ovunque.
Piuttosto, sarà per Noize On The Bayou ragione di vita dare un senso al termine crossover, il cui significato è in definitiva (molto semplicemente) non vedere (perché non esistono) confini tra i generi musicali. Nostro sforzo quotidiano sarà dunque raccontare una storia creando un’atmosfera, un gusto, un mood, piuttosto che dimostrare qualcosa. Darvi conto, insomma, di quel melting pot di suoni e di culture che è il principale fondamento di tutta la musica che oggi ascoltiamo.
La nostra ossessione è che un certo tipo di memoria storica possa finire in un tremendo “cul de sac”, venire totalmente rimossa. Timori giustificati se pensiamo a certa stampa cosiddetta specializzata, con molte responsabilità nell’abbrutimento attuale dell’estetica e dell’etica musicale, a certi “critici laureati” e nuovisti ad oltranza che tendono all’effimero ed allo sradicamento di tutto ciò che è stato fatto non venti o trenta anni prima, ma magari solo a distanza di qualche mese. Nani presuntuosi e supponenti che nemmeno si vergognano della spazzatura edonista e superficiale con cui riempiono ogni giorno le proprie orecchie e pagine.
Raccogliere e non spezzare il filo della memoria, dunque. Vedere la musica non soltanto come fatto epocale, transitorio, giovanile, ma capace di accompagnarci lungo tutto l’arco dell’esistenza. Il nostro sogno/intento? Essere luogo d’incontro tanto per coloro che volentieri strapperebbero una trentina d’anni al calendario del rock’n’roll (o del jazz o di qualsiasi altra musica), quanto per coloro che passano notti insonni alla ricerca del nuovo che avanza. Col vostro sostegno l’arduo cimento non sarà impossibile.
Che gli spiriti del bayou siano con voi.

Mauro Rollin’ On The River Uliana

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