mercoledì 18 ottobre 2017

Purple Haze - Jimi Hendrix (1967)



Quello che vi accede a leggere è un X-File. Perché non di un essere umano stiamo parlando ma di un extraterrestre. Uno che è arrivato sulla terra da Saturno per  far conoscere a questo pianeta il più bell'elogio sulla chitarra elettrica che mai essere vivente avrebbe potuto concepire. Jimi è un eroe, un semidio della sei corde  con la coscienza di possedere un orecchio ed un bagaglio tecnico sovrannaturali, un messia del rock distorto che ha vitaminizzato il blues del delta con la cattiveria dell'hard rock, infestandolo di assolo e di riff esplosivi e appoggiandolo su tempi sincopati. Mai c'era stato prima e mai ci sarebbe stato dopo un altro Jimi Hendrix. Il 18 settembre 1970 Jimi è ritornato su Saturno e il sisma elettrico di  Purple Haze è il suo ruggito bluesy che ci ha lasciato per ricordo.



L'istantanea è ingiallita ma ancora nitida. L'anno è il 1966, 24 settembre per la precisione. Il luogo è Londra. L'aereoporto di Londra, sempre per la precisione. Due uomini scendono sottobraccio dalla scaletta del Boeing Pan Am della tratta John F. Kennedy-Heathrow: il primo è Chas Chandler, fino ad un attimo prima bassista degli Animals riciclatosi manager con l'ambizione di essere subito rampante, il secondo è un Signor Nessuno che ha come bagaglio una Stratocaster e una borsa con dentro un cambio di vestiti, un tubetto di crema per l'acne e .. concederete un po 'di vanità ad un ragazzo di ventitré anni… un set di bigodini rosa che usa per arricciare la folta capigliatura. Di nome fa James Marshall Hendrix e in tasca ha quaranta dollari: glieli ha prestati un amico, il batterista Charley Otis. Lui non li aveva e il fatto la dice lunga su che vita abbia menato fino a quel punto. E dire che è musicista di professione fin dal 1963. E con che curriculum! Tutte fugaci apparizioni, è ovvio, ma che nomi: Carla Thomas (figlia di Rufus), Tommy Tucker, il bluesman Slim Harpo, Jerry Butler, Marion James, Chuck Jackson, Solomon Burke, Otis Redding, Curtis Mayfield, Bobby Womack, Wilson Pickett , Ike e Tina Turner, King Curtis. Un po 'più durature le collaborazioni con Isley Brothers, Little Richard, Curtis Knight e i popolarissimi Joey Dee & The Starliters.  Un po' più durature le collaborazioni con Isley Brothers, Little Richard, Curtis Knight e i popolarissimi Joey Dee & The Starliters. Ha fatto ovviamente anche il turnista, mettendo fra l'altro uno zampino nella canzone Mercy Mercy, che ha regalato a Don Covay le classifiche e un posticino negli annali del soul. E nondimeno non solo non è riuscito ad accantonare un soldo bucato, ma fa ancora una fatica tremenda, con quello che guadagna, a fare due pasti al giorno e pagare l'affitto di una topaia in cui dormire.
Del resto, anche guardando i suoi natali, non si può certo dire che il destino gli avesse messo in mano chissà quali carte vincenti da giocare al tavolo verde della vita. Nato come  Johnny Allen Hendrix (che il padre cambierà ben presto in James Marshall Hendrix)  al King County Hospital di  Seattle, nello Stato di  Washington,  USA, si renderà fin troppo presto conto di essere nato in un paese dove era troppo nero per i bianche e troppo bianco per i neri. In fin dei conti, cosa ci si potrebbe aspettare negli Stati Uniti degli anni '40, venendo alla luce come frutto di un incrocio fra sangue indiano cherokee, nero e messicano; era già molto non aver stuzzicato l'”amorevole” interessamento del Ku Klux Klan. Gli ascendenti afro-nativi gli derivano dal padre, James Allen ("Al") Hendrix, la cui madre era di stirpe  cherokee, mentre la madre, Lucille Jeter, afroamericana, lo mise al mondo appena diciassettenne. Come si può facilmente intuire, la situazione familiare non era delle più felici e mentre il padre cerca di realizzare il suo sogno di ballerino passando dalle compagnie di avanspettacolo e dai carrozzoni del vaudeville alle orchestre swing e la madre si arrabatta per sbarcare il lunario, arrangiandosi in mille lavori e lavoretti, Jimi vive i suoi primi anni di vita immerso in una strana condizione in bilico fra più culture. Per anni convive a Vancouver con Nora, la nonna indiana Cherooke purosangue che si occuperà dell'educazione del ragazzo e lo farà in conformità alle tradizioni indiane, instillandogli, oltre al profondo attaccamento alle proprie radici, anche una buona dose di pulsioni ribelli.
Non si può comunque trascurare l'incredibile influenza artistica che papà Al (che curerà fino alla morte il catalogo e le uscite postume dell'impero Hendrix) ha avuto sul giovane Jimi. Al Hendrix impara dal padre e dal fratello Leon l'arte del ballo. Il ballo popolare nero, quello improvvisato, ritmato e giocato sulle improvvisazioni jazz. Quel ballo rurale un tempo accompagnato dai vecchi bluesmen del Mississippi e del Texas che nel tempo si trasformerà nello spettacolare e frenetico  jitterburg , accompagnato da orchestre swinganti e che andava di moda a New Orleans. Nel libro “Passione e morte di un voodoo rocker” , l'autore David Henderson così descrive le spettacolari evoluzioni di Al Hendrix: “Iniziava coi passi del jitterburg    classico: due passi obbligati con l'accento in levare, un calcio e tre salti su ogni piede, poi eccolo andare per conto suo, fluttuare nello spazio della sua istintività innata dove perdeva la nozione del danzare. La musica filtrava in lui mentre si muoveva come in trance, esibendosi in figure che poi ricordava a stento ”. Sembra la descrizione di Jimi quando esegue i suoi celeberrimi riti a Woodstock o all'Isola di Wight. “Suonare la chitarra per Jimi era come per me ballare il jitterburg. Era dentro di lui. Lo sentiva ”, dirà Al che avrebbe cercato di insegnare al giovane Jimi i segreti della danza.  
Il ragazzo è comunque un sognatore ed è suonando che vuole farsi strada nella vita e vendicare un'infanzia e un'adolescenza trascorse fra stenti e abbandoni: giovanissimo, così almeno narra un illuminante aneddoto, per placare la propria sete di musica si costruisce il suo primo rozzo strumento, una specie di cordofono costituito da una scatola di sigari su cui aveva teso un elastico, mutuando una pratica che aveva già contraddistinto i più poveri musicisti blues (praticamente tutti) al tempo dei loro stentati esordi. Poi, un giorno, in un angolo del garage scopre un vecchio ukelele e comincia un suonarlo cavandone fuori delle armonie interessanti. “Dovetti comprargli delle corde nuove - ricorda Al -   Suonava quell'ukelele davvero bene, sia in posizione tradizionale che mancina. Sovvertire l'ordine delle corde per lui non era un problema, ma a me parve suonare meglio con la sinistra e gli dissi di continuare im quel modo. E così divenne un chitarrista mancino ”. Siamo nel 1955 e la prima chitarra arriva di lì a pochi mesi: un'acustica piuttosto scadente che Jimi acquista da un amico per cinque dollari.
Ma i problemi, quelli veri, quelli tragici, non tardano a bussare alla porta del giovane Hendrix: adolescente già piange con il dolore e la frustrazione che si possono provare solo a quindici anni, perché stanno seppellendo sua madre e lui non c'è. A sedici anni subisce l'umiliazione di venire cacciato da scuola, presumibilmente per ragioni connesse al razzismo: siamo negli anni cinquanta e sull'America è sceso il velo nero del Maccartismo, un venefico cocktail che shakera puritanesimo imperante e razzismo strisciante, in dosi sufficienti a stroncare l'anima di uno come lui che già si considera un cittadino di serie B.
E' nel pieno di questi tumulti esistenziali che riceve in regalo dal padre la sua prima chitarra elettrica con un piccolo amplificatore. Papà Al compra anche un sax tenore ei due inizia a sperimentare insieme: Jimi copia e rielabora i riff di Chuck Berry, Bo Diddley, Buddy Holly e persino brani di Elvis come Heartbreak Hotel. Ma la sua è una chitarra per destrorsi mentre lui è mancino. Impressionante è la velocità con cui impara a suonarla semplicemente rovesciandola, come già fu per il vecchio ukelele, e questa abitudine, addizionata dei gymnick che verranno - le note taglienti, gli accordi dissonanti e lui che si inginocchia, urla, prega e suona le corde della chitarra mordendole con i denti - lo accompagnerà per tutta la carriera, sconvolgendo il suo futuro pubblico, ipnotizzato dall'effetto scenico, ma soprattutto dal suono originale.
Da questo momento si darà al vagabondaggio, dando il via ad una lunga gavetta musicale dove arte e vita vissuta praticamente si confonderanno in un'incredibile sceneggiatura degna di un film o di un romanzo di Dickens. Nel 1959 si esibisce in pubblico per la prima volta alla Washington National Guard Armory: il gruppo si chiama Velvetones ma è poco più di una sgangherata congrega di ragazzini con aspirazioni superiori e capacità inferiori. Da buon timido non è il leader, ma la sua chitarra si fa subito notare, cosi di lì a poco Jimi se ne và per entrare a far parte del suo primo vero ensemble, i Rocking Kings di Fred Rollins, vera palestra di rhythm ' n 'blues con un repertorio che spazia dai classici countryeggianti degli Everly Brothers all'energia di Summertime Blue  di Eddie Cochran, da successi soul dei Coasters come Poison Ivy , Along Come Jones , Yakety Yak al rutilante rock 'n' roll At The Hop di Danny & The Juniors (che qualcuno ricorderà a Woodstock nella pittoresca versione degli Sha Na Na), tracimando persino nei melensi pezzi strumentali di Santo & Johnny. Jimi è il trascinatore del gruppo; in pochi giorni, grazie al passaparola dei concerti, viene definito "the next big thing in town", il miglior chitarrista del blues di Seattle. Grazie a lui gli ingaggi si moltiplicano; i ragazzi sconfinano e diventano famosi a Vancouver, la città canadese a sessanta miglia da Seattle, affamata di giovani ed eccitanti gruppi. La leggenda vuole che in questo periodo faccia anche le prime esperienze con le droghe. Lui e gli altri ragazzi mandano giù pillole di benzedrina condite con robuste sorsate di sciroppo per la tosse ripieno di codeina. Più di qualcuno di loro si sarebbe rovinato con quella roba.
Già all’epoca, quando sale sul palco, a dispetto della statura bassa, corporatura esile e brufoli, per il gentil sesso Jimi è già una calamita e le ragazze se lo mangiano con gli occhi. Così suscita invidie e gelosie che lo trascinano – suo malgrado – in feroci risse da cui esce pesto e sanguinante. Sarà per questo che arriva all’indegnità di farsi mantenere da alcune giovani prostitute; forse ha anche vagheggiato di fare il pappa; ma appena per un attimo, è con il blues che vuole diventare ricco e poiché non sono i soldi facili che gli interessano, bensì conquistare con la sua arte la fama, non ci pensa un istante a rifiutare chi lo tenta con le lusinghe dello spaccio.
Una violenta scazzottata per una ragazza e la partenza di Rollins per l’esercito segnano lo scioglimanto dei Rocking Kings. Ma Jimi ha deciso: sarà un musicista, il migliore di tutti.
Momentaneamente però è la vita con le sue miserie ad avere il sopravvento sulla musica: il 2 maggio 1961 ruba un auto e tre giorni dopo, il 5 maggio, visto che gli era andata bene la prima volta, pensa bene di rubarne una seconda; ma non è tagliato per la vita del criminale, tanto che viene pizzicato dalla polizia di Seattle e data la recidività finisce dietro le sbarre.  Dopo alcuni giorni di detenzione si ritrova in tribunale per la prima volta faccia a faccia con un giudice. Vostro Onore è evidentemente in fase zen quel giorno o forse vede in quel mingherlino giovane di colore qualcosa che va oltre la fattualità delle azioni criminose che rischiano di condizionargli pesantemente e per sempre l'esistenza. Fatto sta che lo pone davanti ad una scelta: o un periodo di soggiorno gratuito nelle patrie galere o l'arruolamento tra i paracadutisti dello Zio Sam. Scelta saggiamente la seconda opzione, Jimi viene arruolato il 31 maggio  1961  e giunge a  Fort Ord (California)  per compiere otto settimane di addestramento. La sua avventura nei ranghi militari dura comunque molto poco: nel novembre del 1961 conosce Billy Cox (futuro bassista della Band Of Gypsys) e nel gennaio del 1962 i due hanno già formato una band, i King Kasuals. Quello stesso inverno avviene il definitivo trasferimento a Vancouver, dove vivrà con la nonna Nora, e a luglio ottiene il congedo. Con la nuova formazione passa da Clarksville a Indianapolis, per approdare infine a Nashville dove partecipa come turnista alla sua prima seduta di registrazione per conto della Starday-King Records. Poi entra negli Imperials di Johnny Snead, una band “seria” che ha persino un manager. Ma il suo obiettivo dichiarato è quello di conoscere Steve Cropper, il leggendario chitarrista di Booker T. & The MG's che ha lavorato anche con Otis Redding. Si incontrano in un ristorante e nel giro di poche ore sono in studio insieme; Jimi è emozionato, finalmente ha incontrato una star e sta registrando con lui. Ne nasce un acetato, Green Onions, ma nulla di serio accade. Deluso e amareggiato, con il suo nastro che nessuno si degna di ascoltare, Jimi torna a Vancouver e ci riprova immediatamente: nei fine settimana suona con Bobby Taylor & The Vancouvers mentre negli altri giorni si esibisce nei suoi primi sabba blues al Black And Tan. Nei mesi che seguiranno Hendrix riprenderà a condurre una vita errabonda, suonando per la crema dei musicisti blues e rhythm'n'blues e continuando a sbattere la faccia contro la realtà di quel sogno americano che per lui continua più che altro ad avere le sembianze di un incubo. Per tenere insieme anima e corpo arriva alla follia di tentare una rapina e gli va bene che riesce a scappare, visto che se l'avessero preso automaticamente si sarebbe ritrovato sul groppone pure quell'antica condanna a due anni per furto d'auto, evitata arruolandosi nell'esercito.
Arrivato ad un passo dal baratro, Jimi si ferma a riflettere e decidere saggiamente che è meglio non perseverare con quella vita nella corsia di sorpasso ; le sensazioni forti le coltiverà ascoltando il down home blues , immedesimandosi nei suoni rurali di Son House, Charlie Patton, Blind Lemon Jefferson, Skip James, personaggi che vivevano il blues sulla loro pelle, suonando in sgangherati bar o in feste rurali. Con il suo stile anarchico e virtuosistico rileggerà quei classici a ritmo veloce, condendoli con assolo nervosi, con un dinamico gioco di bassi e con uno scattante procedere per single notes.  
 "Jimi Hendrix ha sempre suonato il blues del Delta" - scrisse Tony Glover su Rolling Stone nel 1971 - "Solo che il suo Delta stava su Saturno" . Per quanto abusata, questa immagine di Hendrix come "bluesman astrale" serve a raccontare una grande verità: Jimi aveva sangue blues, radici lunghe che lo legavano a Charlie Patton e Robert Johnson via Chicago o Memphis, ma aspirava ad altro che non alla semplice, confortevole perpetuazione del patrimonio nero. Quella musica di nervi e visceri, di dolore e di passione, non voleva ostentarla nella sacra teca della tradizione ma viverla, mettendosi in gioco per renderla attuale. Una pia leggenda apocrifa racconta che il giovane Hendrix, non ancora superstar, bussò alla porta degli studi Chess, chiedendo udienza ai vari Muddy Waters e Willie Dixon della Chiesa Blues di stretta osservanza. Quelli lo ascoltarono, furono prodighi di elogi, ma gli raccomandarono prudenza: lui ringraziò e continuò a rischiare di testa sua. E 'un mito ricorrente, nella storia delle cose umane. L'innovatore deve dare scandalo rompendo con il passato che pure lo nutre, come il figlio per trovare la sua libertà deve “uccidere” il padre pur conservandone il sangue.
Arriva così il 1963: alcune delle stelle più luminose del rock 'n' roll sono già in piena crisi; tra queste Little Richard. Sembrano lontanissimi i tempi di Tutti Frutti , Long Tall Sally , Rip It Up e - complice la crisi mistica che lo porta ad abbandonare il rock - Richard non è più il re della musica black che conquista anche il pubblico bianco con i suoi ritmi tribali tinti di gospel e soul. Richard riesce a mantenersi nel grande circo del rock 'n' roll suonando prevalentemente nella città del sud, proponendo il suo repertorio ormai superato, nonostante ostenti atteggiamenti da rock star, trattando come paria i della sua band e urlando continuamente: “Io sono il re, il più grande, il migliore! ”.     
Una sera, dopo che un chitarrista ingaggiato da poco aveva mollato il re e i suoi capricci, Richard è a Vancouver, al Dante's Inferno, dove Jimi suona il twist e i successi del giorno con i Vancouvers. Richard ascolta il concerto e la sera stessa scrittura Jimi. Un colpo per entrambi: Jimi entra finalmente nel grande giro, il vecchio volpone assume per pochi dollari uno dei migliori chitarristi in circolazione. Il loro rapporto si rivela però subito conflittuale: due galli in un pollaio. Richard non tollera rivali e Jimi è relegato alla chitarra ritmica, un semplice sottofondo alla voce del re. Qualche volta ha l'ardire di lasciarsi andare distorcendo i suoni della chitarra, contorcendosi, gettandosi in ginocchio e rubando la scena al maestro. E allora sono scenate isteriche terribili; Little Richard teme Jimi per il suo stile ma anche per la sua personalità, per i suoi atteggiamenti bizzarri e il suo aspetto eccentrico. Non può sopportare che Jimi si arricci i capelli con un ferro o indossi eleganti camice plissettate. Il nostro subisce, soffre e si annoia con quella musica vecchia e ripetitiva, ma abbozza e sopporta. Sacrificandosi un banalissimo accompagnamento ritmico, Jimi nella band di Little Richard comincia comunque ad abbandonare i panni del session man per vestire quelli del voodoo rocker. Tiene duro ancora qualche giorno, il tempo di arrivare a Los Angeles per un nuovo disco con Richard, ma la solfa è sempre la stessa: nuovi pezzi al ritmo del vecchio e manierato rock 'n' roll. Così molla tutto e si rimette on the road: va in tour con pezzi danovanta come Solomon Burke, Ike & Tina Turner, le Supremes, My Diary con il giovane Arthur Lee (e se conoscete i Love sapete di chi sto parlando). Prende lezioni di stile dal calligrafico tocco bluesy di BB King (che accompagnerà in diverse occasioni) e dal suono duro della strada di Albert King. Gira gli States in lungo e in largo corteggiato dalle star più celebri, ma il suo ruolo resta sempre quello del gregario.
L'inesausta ricerca del blues che fluttuava nello spazio della sua mente, unita a quella della sua personale stairway to heaven porta Hendrix nella Grande Mela: è il gennaio del 1964 e ad accompagnarlo c'è quella sarà la sua futura fiamma, Lithofayne " Fayne "Pridgeon.    La presenza della ragazza si rivela subito fondamentale: Fayne si da infatti un sacco da fare, aiutando Jimi sostegno morale e supporto logistico, prodigandosi inoltre per far ottenere il maggior numero di ingaggi al nostro eroe, leva sulle molteplci conoscenze che poteva vantare nell 'ambiente dell'underground musicale di Harlem. Il primo acuto si registra nel febbraio 1964 con l'ingaggio per un contest riservato agli artisti emergenti, nientemeno che all'Apollo Theatre, tempio del rhythm 'n' blues il cui palcoscenico ha visto esibirsi praticamente tutta la cremadella black music: manco a dirlo il nostro non fa prigionieri e stravince mettendo in fila tutta la concorrenza. Ma è a marzo che Hendrix batte il primo vero colpo alla porta dorata del mainstream: viene infatti ingaggiato dagli Isley Brothers coi quali il 21 maggio 1964 si chiude in studio di registrazione per poi uscire sotto i plumbei cieli della Big Apple con in mano il singolo Testify, un funky-rap negroide, sincopato e super eccitato che della svolazzante chitarra hendrixiana reca nitido il segno. "Quando ero con gli Isley, mi lasciavano fare quello che volevo perché grazie a me incassavano più soldi"    ricorda Hendrix con una punta di malizia. Comunque sia, con gli Isley, senza i freni di Little Richard, Jimi suona come gli piace, usa la chitarra come un simbolo fallico, crea assolo prodigiosi con lo strumento dietro la schiena e addirittura produce accordi e melodie infuocate azzannando la chitarra con i denti : “Iniziai a farlo in una cittadina del Tennessee” - ricorderà divertito - “La erano tutti cowboy e pretendevano che tu facessi qualcosa di speciale, altrimenti ti sparavano. Io li ho sconvolti, ma sui palchi di quella città erano seminati i denti di artisti meno fortunati di me ”.   
Gli Isley Brothers sono un gruppo popolare, sono una delle band più pagate dell'epoca, vivono in armonia e rispettano la personalità degli altri artisti. Jimi entra subito in sintonia con loro. In confronto alla band di Little Richard questa è una famiglia. Quando lo ingaggiarono, Jimi suonava al Palm Café; loro andarono a sentirlo e lo invitarono a Englewood per una vera audizione. La risposta di Jimi? “Ho paura di non avere abbastanza soldi per comprare delle corde nuove”. Così, appena entrato in studio, Ronnie Isley gli mette in mano due set di corde nuove di zecca. Lui si prepara e in pochi minuti esegue tutti i classici della band, passando per Respectable e Who’s The Lady. Il contratto è subito firmato: trenta dollari a serata più una piccola percentuale sui dischi venduti e via, partenza in tournée per il Canada e le Bermuda. Finalmente Jimi è un artista popolare (viene soprannominato The Creeper) all'interno di una band famosa. Anche il suo abbigliamento è cambiato: camice e pantaloni colorati, un orecchino al lobo sinistro e capelli sempre più lunghi e scomposti. In sovrappiù, si imbottisce di cristalli di metedrina che custodisce in un biberon.
Tra i suoi nuovi amici c'è il batterista di Wilson Pickett (di cui Jimi ama alla follia il nuovo successo In The Midnight Hour ), un certo Buddy Miles… spero abbiate inteso e collegato. Ma dopo un po' l'inquieto Jimi sente il richiamo della libertà. Anche gli Isley per lui sono troppo prevedibili e ripetitivi; in più sono arrivati ​​al top e ormai sembrano in fase discendente. Per Jimi è il momento di cambiare aria e, pochi giorni prima del Natale di quell'anno, approda alla corte di Curtis Knight, che con gli Squires è in ascesa nei locali di moda della Grande Mela e del New Jersey. Uno dei loro pezzi forti è Driving South; ipnotica, ripetitiva, pulsante, è giocata su un solo accordo, su cui Jimi innesta un assolo senza fine, mentre Curtis nomina a tempo gli stati e le città del sud. A un certo punto Knight urla: “Mangiala! Mangiala! ", e Jimi aggredisce le corde con i denti in una sarabanda di suoni che fa risorgere e proietta nel futuro l'anima del blues del Delta. 
Nei club, nelle discoteche e alla radio non si parla che di lui, che viene ingaggiato da numerosi gruppi da ballo; poi, va in tournée col nuovo profeta del twist (quello vero, scatenato e isterico dei twist parties), Joey Dee. A questo punto gli avvenimenti si fanno serrati: l’eccitazione è alle stelle e a Jimi sembra ormai di toccare con la punte delle dita l’obiettivo cui da tempo aspira: quello di incidere dischi e decollare; si sente un predestinato e  dà la stura ad un vortice impazzito di collaborazioni, un mordi e fuggi senza soluzione di continuità che lo fa entrare e uscire da una band all'altra preda di una bulimia musicale non più contenibile: “Sognavo spesso che qualcosa sarebbe accaduto.” racconta Hendrix “Nel sonno vedevo apparirmi il numero 1966. Così passavo il tempo aspettando. Volevo una scena mia, volevo fare la mia musica, ero stufo di suonare sempre gli stessi riff”. Jimi è pronto per il nuovo mondo: dalla nuova fidanzata, Devon Wilson, impara ad aprire la mente con l’LSD; da Mike Quashie, il gigantesco musicista di Trinidad impara i segreti del voodoo e ad usare le sciarpe e le bandane colorate che renderanno unico il suo look: “Io lavoravo all’African Room” ricorda Quashie “vicino al al Lennox Hotel dove Jimi abitava. Non sapevo come si chiamasse, Jimmy James, o J.J., o J.C. Aveva i capelli lunghi e pieni di brillantina e io gli sissi: ‘Che fai baby? Cerchi di essere Nat King Cole? Che cavolo di negro sei? Parlavamo a lungo di musica e ogni tanto ci facevamo insieme”.  
Nel luglio  1965 Jimi appone la  firma in calce ad un contratto della durata di due anni con la Sioux Records e il Copa Management e, dopo essersi separato da Devon, decide di trasferirsi al  Village, giusto per calcare le orme di quello di cui nel frattempo si è invaghito e che guarda con la devozione di un discepolo: si tratta di Bob Dylan, che non smette di pensare acustico ma già comincia a suonare elettrico. Subterranean Homesick Blues  è il febbricitante singolo dylaniano pubblicato a marzo che sfrucuglia il nostro e sta aggredendo con disinvoltura le classifiche di vendita. La Columbia Records, per promuovere una nuova immagine di Dylan, riempie i negozi di dischi con sagome di cartone raffiguranti lo Zimmerman aggrappato ad una Fender Stratocaster. Una visione emblematica in cui immedesimarsi per il giovane Hendrix. Ma è Highway 61 Revisited  il faro che gli illumina la via, l'album che corona l'annus mirabilis  dylaniano e che scardina definitivamente le porte dell'elettricità, dopo un  Bring It All Back Home  semi-acustico (e dunque, per logica conseguenza, semi-elettrico). Giusto in quel luglio 1965 Dylan aveva dato scandalo al festival di Newport, roccaforte e mecca dei puristi della tradizione folk, presentandosi sul palcoscenico accompagnato per la prima volta da un gruppo rock. Da allora nulla sarà più come prima e per la storia del rock ci saranno una "prima" e un "dopo" la svolta elettrica di Dylan. Genius loci di questa nuova fase è  Like A Rollig Stone,  sei minuti di lava implacabile  che squarciano senza possibilità di equivoci i cieli rock e che fulminano Hendrix lì, sul posto. Non è l'infatuazione di un momento: la prova si ha quando il nostro infiammerà il palco di Monterey (e non è questa un'immagine retorica, ma assolutamente reale ed entrata a viva forza nell'immaginario collettivo. Mi sto riferendo a quando concluse la sua performance dando fuoco alla chitarra davanti ad un pubblico allibito, ma ormai perdutamente stregato) con una straordinaria interpretazione del brano in cui Jimi si appoggia all'andatura liquida della musica, per poi esplodere in un pirotecnico assolo, usando tremolo e wha-wha come bengala nel cielo delle sue fantasie blue.
La storia comincia a correre a velocità ormai vorticosa e finalmente arriva l'ingaggio al Café Wha ?, uno di quei piccoli e pulciosi locali che negli anni '60 hanno fatto la storia artistica del Village. Si trova al centro di McDouglas Street ed è un posto da artisti alternativi, da molti considerato squallido e negletto; i musicisti non guadagnano un centesimo e si conquistano il diritto a salire sul palco a seconda del gradimento del pubblico e degli altri musicisti, spesso una discrezione del proprietario. Ma è il posto ideale per Hendrix: la penombra (per non dire il buio quasi totale che crea un'atmosfera da caverna) permette a Jimi di sciorinare il suo incredibile blues interstellare che taglia completamente i ponti col passato. Suona la chitarra come fosse un sassofono impazzito, con svisate, assolo sfrenati, accordi ruvidissimi ea un volume mai sentito prima. Rinnova il blues tradizionale, dà ulteriore nerbo al rhythm 'n' blues del ghetto, anticipa i percorsi del nuovo rock. Che Jimi (al momento ancora Jimmy, con due emme) sia un fenomeno ci vuol poco a capirlo. Il suo spettacolo è uno spettacolo; non solo stravolge gli schemi delle 12 battute ma sconvolge il pubblico, ora malmenando la sua Stratocaster, ora trasformandola in un simbolo fallico. Fa roteare la chitarra sopra la testa, si esibisce in spaccate e balzi felini, accompagna il suono con versi gutturali and orribili smorfie del volto e della lingua, come facevano antichi maestri come Charlie Patton e T-Bone Walker, ma in modo molto più impudente e sfrontato. Tutti fanno una gara per suonare con lui, ma Jimmy finalmente è un leader e ha la sua band fissa: si chiamano Jimmy James & The Blue Fames, proprio come il nome del gruppo che accompagna il grande cantante Little Junior Parker. Tra quei prodi c'è un certo Randy Wolfe, che poi avrebbe fatto fortuna sulla West Coast come Randy California, leader degli Spirit. In un prossimo futuro riprenderemo su queste auguste pagine il discorso sugli Spirit– è una promessa - ma se nel frattempo vorrete ascoltare qualcosa del gruppo, meglio ancora un album solista del povero Randy (prematuramente morto annegato alle Hawaii il 2 gennaio 1997), non farete altro che fare un piacere a voi stessi. Non faccio fatica a raccomandarvene uno: Kapt.  Kopter And The Faboluous Twirly Birds del 1972. Il titolo è chilometrico quasi quanto quello di un film della Wertmuller, ma il godimento è assicurato. Senza contare che ascoltandolo molte cose acquisteranno molto più senso e certi percorsi e collegamenti vi appariranno molto più logici.  
Tornando a Jimi, il nostro, da fan sfegatato del rhythm 'n' blues e del gospel tinto di soul, esegue alla perfezione alcuni brani di Parker come Drving Wheel, In The Dark, Annie, Get Your Yo Yo    trasformandoli in stralunati e avveniristici echi di quel delta lassù, da qualche parte su Saturno. Chi avrebbe detto che quelle serate al Wha? avrebbero cambiato per sempre la storia del rock? Chi avrebbe pensato che Jimmy James-Dottor Jekill, un suon di svisate e feedback stava bevendo la pozione che lo avrebbe trasformato in Jimi Hendrix-Mr. Hyde? I primi a capirlo sono Mike Bloomfield e John Hammond Jr., allora astro nascente del blues acustico che ha già suonato a Newport con Mississippi John Hurt. Si sta esibendo al Gaslight, quando un amico una sera gli sussurra: “John, c'è una band al Wha? che devi assolutamente ascoltare. C'è un diavolo di chitarrista che fa tutti i brani del tuo album  So Many Road e li suona molto meglio di te”. 
Così Hammond ricorda: “Era un giovane nero dalla mano eccezionale, accompagnato da ragazzi che a malapena riuscivano a tenere il tempo. Erano terribili, ma lui era favoloso. Mi presentai, e lui conosceva tutti i miei dischi; addirittura mi raccontò di aver imparato i brani di Muddy Waters e Howlin 'Wolf attraverso le mie versioni. Mi ammirava molto ed era una persona riservata e schiva come me, così ci trovammo subito bene insieme ”. 
Hendrix al Wha? non guadagna abbastanza per vivere ed è alla ricerca di un ingaggio migliore; Hammond è la sua ancora di salvezza. Dall'incontro nascono una seria di infuocate jam session notturne con protagonisti principali Hendrix, Randy California e Hammond. Dopo un paio di settimane convincere Jimi a fargli da seconda chitarra al Café Au GoGo, il club più elegante di tutto il Greenwich, con comode poltrone, effetti luminosi, buon cibo, cameriere carine e professionali. Non a caso il locale era frequentato da rock star di passaggio come Rolling Stones e Animals. Per Hendrix è il vero battesimo di fuoco: lì, pensa, deve giocarsi tutte le sue carte. Dopo un paio di show relativamente tranquilli, spesi a seguire le linee melodiche bluesy di Hammond, Jimi parte con il suo numero preferito. Quando la band attacca I'm A Man , il pezzo in cui spicca il suo assolo, si porta al centro del palco suonando note acutissime e tirate, stravolgendo il classico riff di Bo Diddley con note taglienti, accordi dissonanti che esplodono in un continuum sonoro che sembra non finire mai. Come aveva fatto Robert Johnson molti decenni prima, Jimi Hendrix manda al diavolo i padri e suona come nessuno ha mai fatto prima. In sala ci sono Eric Burdon e Chas Chandler degli Animals più Bill Wyman, Charlie Watts e Keith Richards che, un po 'perplessi e con un pizzico di condiscendenza, stringono la mano alla giovane promessa del rock. Il più colpito è Mike Bloomfield, che a sua volta è uno degli idoli di Jimi.
Bloomfield viene da Chicago, suona con la Paul Butterfield Blues Band, è uno dei chitarristi più innovativi sulla scena e ha prestato la sua chitarra a Dylan proprio per le session di Highway 61 Revisited che tanta importanza sta avendo nella formazione del nostro: “Ero il numero uno al Village ” ricorda “O almeno pensavo di esserlo finché non ho sentito Hendrix. Lui sapeva che io ero là quella sera, e sotto i miei occhi mi bruciò vivo. Non saprei descrivere il tipo di suoni che uscivano dal suo strumento. Suonava con una violenza incredibile ea un volume altissimo. Aveva soltanto una Stratocaster, un piccolo amplificatore Twin e un distrorsore Maestro, ma sembrava che insieme a lui ci fosse un'intera orchestra. Non avevo mai sentito niente del genere, e non riuscivo a capire da dove venisse artisticamente, dove fossero le sue radici perché lui non interpretava brani scritti da lui. Faceva cose come  Like A Rolling Stone, ma in uno stile particolarissimo. Ho suonato mille volte Like A Rolling Stone   eppure non ho mai capito come la eseguisse lui, dove mettesse le mani, come tirasse fuori quegli accordi dissonanti. Non era un cantante, ma neppure un chitarrista particolarmente bravo; era il suono che colpiva. Fondeva melodia, lirismo e potenza, e li amalgamava in modo perfetto. Gli chiesi dov'era stato fino ad allora e lui mi ha risposto: "Sono stato nel chitlin circuit ma mi sono stufato di tutta quella merda, non si sente mai niente di nuovo". Mi disse che non gli piaceva la sua voce e si vergognava di cantare e io gli risposi: fanculo la voce, con quella chitarra chi vuoi che la noti?"
Più laconico ma alquanto più illuminante il commento di Chas Chandler: “Ci deve essre qualcosa sotto: com'è possibile che nessuno lo ha messo ancora sotto contratto?”. Il che ci riporta alla scaletta di quell'aereo appena atterrato all'aeroporto di Heathrow il 24 settembre 1966.  Prima però è necessario un piccolo passo indietro, al 9 settembre per l'esattezza, quando Jimi e Chandler definiscono i dettagli del trasferimento a Londra. Il nostro eroe sta brutalizzando a suo modo Hey Joe, il classico del cantante popolare Billy Roberts che all'epoca era un must per ogni artista alternativo che si rispetti e dalla quale, per fantastica coincidenza, il bassista degli Animals al tempo era ossessionato. Hendrix la esegue su ritmi secchi giocando su un puntuto e conciso riff e sui mugugni della sua voce scura, trasformandola in un blues cupo e catartico, condito da un viscerale assolo. Basta questa performance per convincere Chandler, che per lo stupore si era rovesciato addosso la bevanda ordinata al bar, e su due piedi decideva che quello era il primo giorno della sua nuova vita. Alla fine del set i due sono seduti a un tavolo e Chas senza preamboli gli dice: “Penso che faresti sensazione in Inghilterra. Se ti va ti pago il viaggio per Londra e ti farò da manager ”.  Jimi non può esimersi dall'accettare e chiedere sia al batterista dei suoi Blue Fames, Danny Taylor, che al vecchio pard Billy Cox di accompagnarlo nel viaggio inglese e ai loro cortesi rifiuti replica allegramente con un “beh, andrò a fare la fame laggiù da solo allora ". Pone a Chandler, come conditio sine qua non per intraprendere un'avventura che gli pare una mattana, che gli presenti uno dei suoi idoli, Eric Clapton. Chandler promette e manterrà in fretta: otto giorni dopo essere sbarcato in Inghilterra, Jimi dividerà il palco con i Cream e spaccherà il bianchissimo culetto al povero Eric. Un uomo che i suoi fan chiamavano Dio veniva fatto precipitare sulla Terra da un essere che dovette sembrargli un marziano.    
C'è un celebre aneddoto sui primi mesi nella capitale britannica di Hendrix e riguarda due spettacoli che tenne l'11 gennaio 1967 al Big O'Nails, una cantina - letteralmente - a Soho, tanto malfamata quanto ottimamente frequentata. Fresca di registrazione - in complessive quattro ore! - non solo del lato A del secondo 45 giri, Purple Haze , ma anche del retro 51st Anniversary e di un altro dei classici che andranno a comporre il primo album, vale a dire Third Stone From The Sun, l'esperienza si sta producendo in una performance stupefacente, con il leader che da fondo alla sua valigia di trucchi lasciando a bocca aperta la nobiltà della scena musicale locale ivi convenuta al gran completo. Dice bene Charles R. Cross: se quella sera al Big O'Nails fosse scoppiata un bomba il rock inglese avrebbe cessato di esistere. C'erano tre Beatles su quattro (Harrison unico assente) con il loro manager Brian Epstein. C'erano Pete Townshend e John Entwistle degli Who, Mick Jagger e Brian Jones dei Rolling Stones, un Jeff Beck da poco uscito dagli Yardbirds e un Jimmy Page da poco entratoci; c'era l'immancabile Eric Clapton e con lui Donovan e Georgie Fame, e poi gli Hollies, gli Small Faces, gli Animals. C'era un imberbe Terry Reid che a un certo punto doveva andare in bagno e sulla porta si incrociava con Brian Jones: "Stai attento"  - lo avverte Jones - "Il pavimento là davanti e tutto bagnato" "Ma che dici?" - gli risponde Reid - “Non vedo acqua laggiù” “E ' bagnato dalle lacrime di tutti quei chitarristi in sala” gli fa Jones, e se ne va ridacchiando. Cinque interi decenni dopo, i superstiti della Swinging London devono riprendersi dallo shock.      
E pensare che di tutta la fantastica parabola hendrixiana abbiamo rischiato di non sapere un benemerito nulla se soltanto la sera del fatidico 24 settembre 1966 Kathy Etchingham, che aveva appena conosciuto Jimi e che di lì a qualche ora di nuovo lo conoscerà, biblicamente, non fosse è stata svelta ad afferrarlo mentre stava per essere travolto da un taxi, avendo attraversato la strada guardando dalla parte sbagliata (con il jet lag e le emozioni di quel giorno, sì che si ricordava che nel Regno Unito le auto tengono la sinistra). Questo ci insegna che la nostra preziosissima vita è proprio appesa ad un esilissimo filo. Quella di Hendrix, quella artistica intendo, era appesa soprattutto (ma non solo) al reclutamento di una sezione ritmica che poteva stare all'altezza di cotanto fenomeno. Fortunatamente Jimi ha due angeli custodi che stanno facendo sul serio: da un lato Chandler, che per due anni si curerà degli aspetti artistici della sua carriera, e dall'altro Michael Jeffrey, già impresario degli Animals, che si occuperà di cose pratiche, tipo fargli avere un contratto discografico e limitare i danni prodotti da fogli firmati in precedenza senza badare minimamente a cosa c'era scritto sopra. Due tipi che non si potrebbe immaginare più antipodici: il primo estroverso e con la tendenza a discutere di affari al pub, ingollando una birra dietro l'altra; il secondo taciturno, un'aria un po' sinistra datagli dagli occhiali scuri che non si toglie mai, una fama altrettanto sinistra procuratagli dall'avere collaborato con i servizi segreti di Sua Maestà Britannica (non si sa con quale ruolo) e da legami malavitosi (non si sa se millantati o meno). La prima preoccupazione di Jeffrey è di procurare al più presto al suo protetto un permesso di lavoro, senza il quale legalmente non può nemmeno suonare gratis in un pub. Per intanto, sparando una gran panzana (spaccia Jimi per una star del soul arrivata in Gran Bretagna per riscuotere dei diritti d'autore ed esibisce una corrispondenza fasulla per provarlo), riesce a fargli avere un visto per una settimana. La prima preoccupazione di Chandler è pavoneggiarsi con la sua fresca scoperta presso amici e musicisti. In seconda battuta, c'è l'esigenza di creare il personaggio. E dunque via quei banali Jimmy James o Jimmy Hendrix: molto meglio Jimi Hendrix. Lo confida all'interessato, il quale annuisce aprendosi in un sorriso complice. Anche perché, come lo stesso Hendrix ricorda,“Chas si è sempre vantato di averci pensato per primo, e mi piace continui a crederlo. In verità, io quel nomignolo con una sola “m” lo avevo già adottato un paio di volte, giù al Café Wha? ”.
Entro la fine del mese Hendrix e Chandler organizzano alcune audizioni: l'idea è di mettere su una band. Precisamente un trio, sulle orme dei Cream di Eric Clapton, uno dei gruppi allora più in auge. Ha inizio così la ricerca di una sezione ritmica che possa accompagnare Jimi. Il primo che trovano è un bassista. In realtà il ventenne Noel Redding è un chitarrista e ha risposto all'annuncio sul Melody Maker convinto che il provino fosse per gli Animals. “In quell'occasione, ho fatto presente che ero un chitarrista” ricorda Noel “Ma Jimi mi ha guardato e con estrema gentilezza mi ha fatto notare che lui cercava un bassista”. Redding ha comunque bisogno di lavorare, lui e Jimi si piacciono e la prima prova fila che è una meraviglia. Assunto. Che il ragazzotto sia di base un chitarrista avrà la sua importanza, visto che tenderà a ragionare sempre in termini di riff e melodie piuttosto che limitarsi a tenere il ritmo, dimostrandosi un partner ideale per Mitch Mitchell, batterista, pure lui bianco, inglese e ventenne, nonché fresco di licenziamento dal gruppo di Georgie Fame: "Allora suonavo con Georgie Fame And The Blue Flames." - ricorda Mitchell -“Una mattina Georgie ci dà appuntamento in ufficio. Una volta riuniti, annuncia che gli spiace ma la band è sciolta e noi siamo tutti licenziati. Per me è stato come ricevere un pugno nello stomaco: ero distrutto. A peggiorare le cose, essendo stato l'ultimo a entrare in organico, la mia buonuscita era minima. Il giorno dopo, ricevo una telefonata da Chas Chandler che mi dice di avere per le mani un nuovo musicista, un fenomeno che viene direttamente dall'America. Chas mi chiese se mi poteva interessare un posto nella band che stava mettendo insieme ”. Mitch non lo sa, ma è in ballottaggio con Ainsley Dunbar. Le prove si susseguono; entrambi sembrano possedere il physique du ròle. E così, per lo meno a quanto narra la leggenda, il dilemma viene risolto in modo salomonico: tirando la classica monetina. Sulla ruota dell'Experience esce il nome di Mitch, che si aggrega alla vigilia del primo tour del trio che è Michael Jeffrey a battezzare The Jimi Hendrix Experience. Piuttosto sottovalutato Mitchell nelle storie del rock, quando è invece uno dei suoi batteristi più originali, una via di mezzo fra il più cruciale tra i batteristi di John Coltrane, Elvin Jones, Keith Moon degli Who, e soprattutto un pezzo da novanta della batteria come Jon Hiseman (basti ascoltare un brano come Love Or Confusionper capire da dove arriva quella scioltezza percussiva che negli anni a cavallo fra '60 e '70 avrebbe informato di sé tutta l'impalcatura ritmica di una band unica come i Colosseum); un batterista, Mitch Mitchell, che nel mentre dà una scansione ai brani le gira costantemente intorno, sopra e sotto, vi àncora gli strumenti ma contemporaneamente li rende liberi di fluttuare. Alchimia magica quanto casuale quella di una Experience che non avrebbe potuto suonare così che con quei componenti: sarebbe ora di rendere giustizia a due signori che erano ben più che gregari.
E 'con queste eccitanti premesse che la Experience, nell'ottobre del '66, entra per la prima volta in studio in studio di registrazione. Logico che la scelta del primo brano da incidere cada su Hey Joe . E 'una canzone - si è visto - che Chas Chandler annovera fra le sue preferite e che Jimi ha in catalogo fin dalla stagione newyorkese. E 'inoltre un pezzo familiare al pubblico - lo hanno già interpretato i Leaves (loro la versione di maggior successo, un Top 30 in USA) i Love, gli Standells, gli Shadow Of Knight, i Byrds - e quindi in un certo qual modo "sicuro". Il rovescio della medaglia è che è anche usato e per rinnovarne l'efficacia occorre che se ne dia un'interpretazione che si stacchi nettamente dalle altre. E 'quanto fa la Jimi Hendrix Experience rallentandone il passo, scelta che incrementerà esponenzialmente la drammaticità di quella che è in sostanza una storia di corna un po' alla Mario Merola, e - concedetemi un neologismo, se pur orrido - defolkizzandola. Per fare un singolo di lati ne servono però due e il 2 novembre i ragazzi tornano nella stessa sala, DeLane Lea Music, per mettere su nastro il retro. Hendrix vorrebbe che fosse Mercy Mercy , l'hit di Don Covay sul quale già aveva impresso - non accreditato - il suo marchio, oppure Land Of Thousand Dances, errebì danzerino come da titolo che quell'anno era andato fortissimo nella lettura di Wilson Pickett, dopo aver fatto sfracelli con quella di Cannibal & The Headhunters. Chandler oppone un saggio e sacrosanto veto. Non esiste che lui e Jeffrey comincino a girare le case discografiche senza uno straccio di brano firmato Hendrix da far ascoltare. Non esiste che si rinunci alla miniera d'oro vera, che è quella dei diritti d'autore, non delle vendite o dei concerti. Così Chandler esorta Hendrix: “Scrivi una canzone”. “Non l'ho mai fatto. Non so da dove si comincia ” gli risponde Jimi, preoccupato non poco. “Immagina una storia. Mettici dentro le tue emozioni. Prova! "  Ci prova e il risultato è Stone Free, rhythm 'n' blues elettrico e ruggente con un'eruzione di assolo che ustiona per quanto il piglio è ludico. I capolavori saranno altri ma come inizio non c'è davvero male.
Roba che quando la si legge non ci si crede: qualche anno dopo aver bocciato un provino dei Beatles, alla Decca cassano anche Hendrix, i minchioni, e un altro paio di etichette passano la mano. Si fa avanti la Track - dopo insistenti intercessioni degli Who al completo - fondata qualche anno prima da Kit Lambert e Chris Stamp, i due manager di Townshend e compagni, ed è per i suoi tipi che il 45 giri vede la luce il 16 dicembre 1966 Ed è come il principio di una valanga che nel 1967 travolgerà tutto. Il secondo smottamento si ha a marzo del '67 con la pubblicazione del secondo singolo Purple Haze, accompagnato sul retro da 51th Anniversary . Ci sarà un terzo singolo tra quelli pubblicati prima dell'uscita dell'album d'esordio Are You Experienced ?, vale a dire    The Wind Cries Mary  in accoppiata con Highway Chile. Tutte le canzoni di questi primi singoli troveranno posto solo nella versione americana di Are You Experienced?, la cui scaletta differiva in modo significativo da quella allestita per la versione inglese, continuando nella nefanda e cervellotica tradizione che voleva gli album sulle due diverse sponde dell'Atlantico discostarsi in maniera più che sostanziale l'uno dall'altro, e ricattando così il povero appassionato che veniva obbligato a sobbarcarsi (maledetti discografici) una doppia spesa pur di avere in casa una visione completa dell'artista preferito. Per Hendrix la cosa si limitò fortunatamente al solo album d'esordio, ma clamorosi furono i casi di Beatles e Rolling Stones, per i quali, fino a  Magical Mistery Tour   compreso per i primi e Between The Buttons   per i secondi, la discografia ufficiale sarà un confuso ginepraio all'interno del quale era molto difficile districarsi, per la gioia e le tasche del fedele fan che i discografici sapevano benissimo che tutto avrebbe fatto per alleviare la propria sete degli adorati beniamini.
Fino al 1997, cioè fino al CD del trentennale benedetto dalla famiglia Hendrix, non avrei avuto comunque esitazioni nell'indicare quale fosse la versione da avere fra la britannica (maggio 1967) e americana (settembre; Reprise l'etichetta che si assicurava oltroceano le prestazioni di Jimi Hendrix e dei suoi fidi scudieri) di Are You Experienced ?. Tutta la vita la seconda e non solo perché al pur pregevole blues di Red House, all'arrembante Can You See Me, e al granitico errebì di Remember sostituisce Hey Joe , una lisirgescente Purple Haze (ispirata non da un trip ma presumibilmente dal classico fantascentifico Notte di Luce di Philip J. Farmer) e The Wind Cries Mary, lati A dei dianzi nominati primi tre sette pollici dell'Experience, non usciti negli USA; ma è anche che mi sembra meglio congegnata la scaletta. E 'ad esempio una sequenza perfetta (quindi per definizione non migliorabile) quella sul secondo lato porta da The Wind Cries Mary alle sperimentali asimmetrie della title track per tramite di una Fire dal titolo programmatico, di una Third Stone From The Sun, che dei primi Pink Floyd anticipa insieme le lunari dilatazioni di Astronomy Domine e l'ossessiva cavalcata di Interstellar Overdrive, e di una Foxy Lady che bagna di sperma e umori vaginali il pentagramma. Insomma: trattasi di due capolavori, ma l'Are You Experienced a stelle e strisce è un pò più capolavoro di quello con l'Union Jack. Ma dicevo fino al 1997. Il CD che potete acquistare oggi pone fine a quell'insopportabile distonia e Are You Experienced? è diventato quello che avrebbe dovuto sempre essere: un unicum che mischia le due stampe storiche mettendo in coda a quella britannica (che è pur sempre l'originale) tutti i brani - retri compresi - dei famosi 45 giri di cui sopra. Potrete così ristorare le vostre orecchie e abbeverare la vostra mente con un'ora di Jimi Hendrix d'antan che ancor oggi annichilisce. Ed è a questa versione definitiva che farò riferimento nella prosecuzione di questo saggio.   
Dire che Are You Experienced? è uno degli album più importanti della storia del rock, significa affermare l'ovvio. L'importanza storica avuta da questo disco è incommensurabile, come pochi altri album possono vantare, visto che ci ha lasciato eredità una manciata di preziosissime gemme che oggi ormai tutti riconoscono come classici del rock, "standard" se volessimo mutuare il vocabolario adoperato nel jazz.  Prodotto da Chas Chandler, coadiuvato dietro la consolle dal mitico Eddie Kramer, il sond engineer che curerà il suono hendrixiano fino al fatidico 18 settembre 1970, l'esordio adulto del power trio con il chitarrista elettrico e la sezione ritmica più perfetti che il secolo musicale trascorso avesse mai visto, infonde nei suoi solchi una visione acida e detonante sia delle dodici battute sia del rock propriamente inteso. Subito dopo questo disco, nel 1968, solo Vincebus Eruptum dei Blue Cheer potrà vantare volumi e feedback tanto spropositati.
Le canzoni contenute in Are You Experienced? sono un ponte lanciato verso il verbo psichedelico, ma poggiato su delle solide fondamenta blues e soul. Sono anche l'occasione per inserire in una solida trama compositiva la reinvenzione del vocabolario chitarristico attuata da Hendrix con l'ausilio di pedali wah-wah, riff saturi di feedback e assoli liquidi ormai entrati nei manuali, originando moltitudini di seguaci fedeli e aspiranti imitatori , sempre inadeguati. Al di là della mostruosa tecnica, infatti, il nostro è un compositore di gran talento e un appassionato vocalist dalla sconfinata sensibilità blues.
E' la potenza o comunque il drive di uno psycho-rock a briglia sciolta il fattore più impattante di Are You Experienced?, 11 pezzi in cui Hendrix sfoga le sue pulsioni rock blues ed è su questi punti cardinali che poggia il disco. Il primo è la celeberrima Foxy Lady , rimaneggiata in una versione techno-dark anche dai primi Cure di Three Imaginary Boys, uno smash in pieno volto e un tripudio di feedback su una ripetitiva e febbricitante pulsione rock che Hendrix interpreta vocalmente con un piglio proto rap (non rifatelo a casa, tanto non ci riuscireste). La terra ha appena inziato a tremare ed un altro sisma elettrico lo troviamo in Manic Depression, un mefistofelico walzer hard-jazz-rock in 9/8 che libera il drumming fantasmagorico di Mitchell, facendogli raggiungere empirei percussivi cui esclusivamente virtuosi anime jazz possono assurgere; quanto a Hendrix, tutta la rabbia esplosiva compressa nel suo petto deflagra in uno degli assoli più sconvolgenti dell'album. Anche l'ascolto di Can You See Me continua a pompare adrenalina: introduzione epica quanto basta e poi un'andatura che esalta l'abilità dei tre nell'arte dello stop and go, adagiandosi su di una base rock-blues sopra la quale gente come i Chicken Shack oi Savoy Brown ci hanno costruito tutto un repertorio.
Indicibile la liquida Love Or Confusion, dove distorsioni, assoli e il raggrumarsi di quelle disarticolazioni ritmiche à la Jon Hiseman, di cui già si è detto, con Mitchell più incontenibile del leader e dunque al di là dell'aggettivabile, ne fanno uno dei più affascinanti brani Hendrixiani; mentre la tagliente I Don't Live Today è un'elettrica danza tribale (ascoltate l'incipit di Mitch Mitchell e ditemi se non sembra di partecipare ad un pow-wow) dedicata da Jimi alle sue origini cherokee e a tutte le minoranze oppresse.
L'apice del pathos e lo zenith della potenza elettrica arriva però con Fire, classico dei classici dell'Experience e cavallo di battaglia di tutte le performance live . Tutta giocata sulle visionarie bordate sonore di Hendrix, sostenute dal drumming furioso di Mitchell e dalle linee essenziali del basso di  Redding , è un brano che carica e fa esplodere incisività elettrica e fulmicotonici terremoti ritmici. Lasciatevi andare e non provate a resistergli. Contagiatissimi dal brano i Deep Purple di In Rock, che nel '70 faranno un inchino al maestro, andando a costruire su quelle stesse coordinate la fulminante Speed ​​King.     
Edificata fra ciò che è destinato e rimanere anche la stradaiola Stone Free, che guadagna senz'altro un podio tra le più contagiose canzoni rock-blues di tutti i tempi. Stone Free è un inesauribile giacimento di materia prima rock, un uptempo che possiede elementi ritmici di grandissimo carattere, dovuti in larga parte all'approccio jazz-oriented del drumming di Mitchell. Più che rimarchevole anche 51st Anniversary , un vibrante soliloquio dove Hendrix riesce a far parlare forte la sua Stratocaster, liberando il suo assoluto e devastante stile.  
Ci sono altri due brani in Are You Experienced? che ci raccontano dell'Hendrix cavaliere elettrico, ma non così fondamentali: il primo è Remember, un mid tempo rilassato il giusto che un gruppo come i Free terrà ben in evidenza sul comodino per ascoltarlo tutte le sere prima di prender sonno; il secondo è Highway Chile , autobiografico ricordo della gavetta nel chitlin circuit, che non travolge barriere né irride convenzioni, ma si limita alla rappresentazione di un prevedibile rock-boogie. Sono due brani in cui Hendrix ci fa sentire la mancanza dei suoi suoni cosmici e del suo micidiale feedback, interrompendo per un attimo quel transfert emotivo in grado di far risuonare gli strumenti in un rito dove l'ascoltatore può viaggiare con lui, fondendosi spiritualmente in quei suoni rivelatori. Certo che, va detto, di fronte all'incontinenza cretiva del nostro, al suo febbrile abbattere convenzioni e all'intensa sollecitazione emotiva che la chitarra di Hendrix sembrava regalare senza fatica, anche la più piccola caduta di tono ne esce amplificata.
Ma non sono solo lapilli e colate di roccia incandescente ad informare di sè quest'album: innanzitutto c'è un cardine del blues hendrixiano come Red House (2), il brano in cui Hendrix ci racconta per esteso (qui son meno di quattro minuti , ma in certe jam live si arriva al quarto d'ora) di “lupi ululanti” e “acque di fango”. Inventato per la prima volta durante le sedute di Are You Experienced? come contrappeso down to earth per i troppi voli astrali, sarà poi ripreso praticamente ad ogni concerto della Experience e anche più in là, quasi un luogo dello spirito per verificare la propria identità. Poi c'è Hey Joe, un brano folksy-futurism che consegna ai medi anni sessanta un solido punto d'appoggio nelle ricerca di un suono in grado di fondere melodia e sensualità e che dimostra per la prima volta a quale livello sonoro si possa lavorare la più innocua melodia pop.
Il lato più sognante e le melodie più morbide sono custodite in May This Be Love e The Wind Cries Mary : la prima è una delle canzoni d'amore più belle e più intense della storia del rock: languida, liquida, magnetica, significativa oltre il senso che le è proprio, decadente definitivamente e poetica per fatalità; la seconda, coinvolgente oltre ogni limite e con un'aura da romantico blues astrale, è descitta dai più ortodossi dizionari del rock come ispirata da Curtis Mayfield e dedicata alla ragazza di Jimi, Kathy Mary Etchinghan, mentre altri, più secolari, la dicono riferita alla marijuana che come soprannome fa Mary Jane. 
Infine il lato più avant-garde e lisergicescente di Hendrix vien fuori con prepotenza dalla title track e da quell'immenso capodopera che risponde al nome di Third Stone From The Sun: se Are You Experienced? gioca la carta di una vaga reminiscenza di musica indiana, avvolgendola in un mood psichedelico ossessivo e ripetitivo, dove viene eliminato il basso e mandato al contrario il nastro con batteria e chitarra,  Third Stone From The Sun  apre il vaso di Pandora e la psichedelia tracima dal pentagramma invadendo altri territori musicali quali il jazz. Hendrix iniziò a lavorarci fin dai tempi del Wha ?, quindi lì infatti iniziò a nebulizzare la propria coscienza cosmica; poi, dopo lo sbarco londinese, incoraggiato da Chandler con cui condivideva un forte interesse per la fantascienza, ci tornò su per dare forma definitiva a Third Stone From The Sun - dove “stone” sta per pianeta, cioè la Terra che in ordine di distanza è il terzo pianeta dal sole nel sistema solare - giungendo ad un capolavoro bellissimo, immenso e misterioso come l'Universo, in cui la struttura è in gran parte indipendente dal ritmo, dalla tonalità o dalle note, ma entra nel suono puro.
Non dimenticando però che è parlare di Purple Haze lo scopo di questo ponderoso saggio, rompiamo gli indugi ed entriamo in un luogo musicale alla cui origine sono la strabordante vena creativa e la miracolosa ispirazione di Hendrix. E 'l'Upper Cut Club il luogo di nascita di Purple Haze; il back-stage è suo padre, la casualità sua madre. Si racconta che la sera di S. Stefano del 1966, Hendrix, in attesa di salire sul palco, incominciò a giocherellare attorno ad un riff di chitarra, allorché Chandler drizzò le orecchie venendo istantaneamente catturato dalla geniale comunicatività di quegli accordi; il vecchio volpone aveva l'orecchio ben allenato e sapeva riconoscere l'odore del successo a miglia di distanza, così gli suggerì di scriveci sopra un testo: quel riff di chitarra, doveva assolutamente trasformarsi in una canzone vera e propria. “E 'lì che nasce il riff di Purple Haze conferma Noel Redding “All'inizio si trattava solo di un ritornello, nulla più. Lì per lì Jimi non se ne è curato più di tanto; aveva mille idee che gli frullavano in testa. Ma a Chas era piaciuto subito tanto da consigliare a Hendrix di lavorarci su ”. Jimi eseguì dal detto al fatto, tanto che, secondo alcuni, il testo della canzone fu messo nero su bianco proprio lì, nel camerino del Upper Cut Club . 
Il riff di cui sopra è oggi uno dei più famosi della storia del rock: due note e poi l'intervallo di quinta diminuita, condannato secoli prima dalla Santa Inquisizione spagnola perché ritenuto musica del diavolo. Tutto nato dal fatto che la credenza popolare voleva si potesse evocare il maligno solo accennando quelle poche note in accordo (diabulus in musica): da qui la proibizione assoluta di usarlo per i compositori di musica sacra. Non chiedetemi come il titolo (letteralmente “foschia viola”) ed il testo hanno potuto scaturire, secondo una dichiarazione di Hendrix stessoda un sogno nel quale il nostro camminava sul fondo del mare. Naturalmente c'era la necessità di sviare qualsiasi sospetto sull'ispirazione che le droghe adattato e quella storia era perfetta per smentire recisamente qualsiasi riferimento all'uso di sostanze stupefacenti. Era il 1967 e, nonostante l'aura libertaria che ancora oggi si portano dietro gli anni sessanta, in realtà non era consigliabile fare outing . In ogni caso l'opinione pubblica diffidò, anche perché gli indizi a favore della spiegazione… diciamo “chimica” erano molto più che circostanziali. In effetti non ne esiste uno solo, ma sono ben due i tipi di droga chiamati “purple haze”: uno è un particolare tipo di LSD, mentre l'altra è nient'altro che la “cara”, vecchia marijuana (di nessuna delle quali il vostro affezionato scriba ha mai fatto uso, ci tengo a precisarlo). Che dire poi del celeberrimo “Scuze me while I kiss the sky” , laddove “kiss the sky” (“bacio il cielo”) è uno dei più diffusi eufemismi per riferirsi agli effetti della cannabis. Decisamente più tranquillizzante la tesi che vuole la canzone ispirata da Notte Di Luce di Philip José Farmer, un romanzo sci-fi che Hendrix stava leggendo in quel momento.
Purple Haze, più di Hey Joe, rappresenta ciò che Hendrix intende per musica: libertà di esperssione, privilegiando sentimento, passione e feeling sulla mera tecnica. Per i chitarristi un ottimo banco di prova, vera espressione del suo genio compositivo. Musicalmente la canzone si dimostra ricca e complicata: accordature aperte, intervalli e fraseggi una nota singole per creare armonie modali nonché il classico “accordo Hendrix”, cioè la nona aumentata. Poi gli effetti. Se in Hey Joe non comparivano, escluso il riverbero, qui trovano applicazione il pedale fuzz face (un distorsore ante litteam), phasing, wah-wah e overdrive, più quel particolare marchingenio denominato Octavia, frutto della mente geniale di Roger Mayer (già collaboratore dei servizi scientifici della Marina Militare). Originariamente della durata di sei / sette minuti, come molte canzoni di Hendrix poi tagliate dalle forbici della censura di Chas Chandler, Purple Haze viene ancor oggi considerata l'archetipo della canzone psichedelica, vuoi per la chitarra distorta vuoi per versi immortali quali “vapori purpurei nella mia testa ", "È domani o solo la fine dei tempi? " e il già citato "Scuze me while I kiss the sky" (e non "this guy", come milioni di teenager hanno interpretato male per decenni). Ma, ci si chiede, è proprio così? Se da un lato l'autore non avrebbe mai ammesso pubblicamente qualsiasi implicazione "stupefacente", pena il bando, l'ostracismo immediato (almeno in Inghilterra, basti ricordare il caso della lennoniana Lucy In The Sky With Diamonds che qualcuno volle vedere come espansione di LSD), dall'altro va considerata la passione, dichiarata, per la fantascienza. Inoltre, particolare da non sottovalutare, pare che Jimi non abbia fatto uso di LSD almeno sino al Festival di Monterey. Altra possibile implicazione, di origine magica stavolta, potrebbe risalire alla relazione avuta con una ragazza di New York la quale, per irretirlo, sarebbe ricorsa a strani riti voodoo. Infine, ma siamo nel campo della pura illazione, alcuni ritengono si sia di fronte al frammento di un'opera di più vaste proporzioni. Resta il fatto che Purple Haze rivela nuovi particolari ad ogni ascolto. Incisa nel gennaio 1967 presso gli studi De Lane Lea di Londra nel corso di quattro lunghe take (un record per l'Hendrix di quei tempi), rimane esempio illuminante del suo genio, della sua inimitabile capacità di saper rendere possibile l'impossibile. Per quanto riguarda il vostro esausto affezionato, voglio ricordare Purple Haze, eternata nel film che documenta l'immortale esecuzione messa in scena nella livida alba del 18 agosto 1969 a Woodstock, dove il nostro uomo, ai 30mila ultimi valorosi reduci dell'indimenticabile tre giorni di pace, amore e musica e dopo aver eseguito l'inno nazionale americano avvolgendone la melodia in trascendentali spirali di feedback fino a quasi strangolarla, per quindi farla riemergere di nuovo virginea, riporta tutti sul suolo terrestre con una squassante esecuzione destinata a rimanere nella storia. Come conclusione mi sembra più indicata.
Arrivato però alla fine di questa spossante cavalcata, mi rendo conto di aver incredibilmente e imperdonabilmente dimenticato qualcosa: la data di nascita del nostro eroe. Se consultate un'enciclopedia ci troverete scritto che Jimi Hendrix nacque a Seattle il 27 novembre 1942. Balle. La vera data è un'altra: Londra 24 settembre 1966. Quel giorno il mondo si capovolse e la grigia nebbia londinese si tramutò in una psichedelica foschia rosso porpora.




(1) Chitlin 'Circuit:  così viene comunemente indicato quell'insieme di locali sparsi attraverso gli  Stati Uniti - si pensi ad esempio al Cotton Club o al Victory Grill - in cui musicisti, attori ed ogni altro tipo di artisti ed intellettuali afro-americani erano liberi di esprimersi ed esibirsi nel periodo della segregazione razziale statunitense.    



(2) La versione di Red House  contenuta nella ristampa di Are You Experienced?  non è la prima e più classica, cervelloticamente fatta sparire dalla nuova edizione del disco e dirottata su Blues , album del 1994 e monumento dell'Hendrix pensiero sulle 12 battute, per far posto ad una più tarda.


Mauro Rollin’ On The River Uliana



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