lunedì 5 agosto 2019

The Lonesome Jubilee - John Mellencamp (1987)



Big Daddy del 1989 è l’ultimo album in cui John Mellencamp si fregia del nomignolo Cougar. Un cambiamento apparentemente insignificante, ma che invece sottende una presa di coscienza che veicola l’artista dentro la sua piena maturità. Le prime avvisaglie di questa svolta si erano già avute con Scarecrow del 1985, album fortemente influenzato dalla decisiva esperienza organizzativa del Farm Aid, serie di concerti ideata assieme a Willie Nelson e Neil Young a sostegno degli agricoltori spinti sull’orlo del disastro dall’amministrazione Reagan. E’ dunque l’America rurale e sfruttata lo sfondo su cui si stagliava lo spaventapasseri del titolo. Il rock’n’roll giovanilista e rollingstoniano dei ventanni lasciava il posto ad un panorama sonoro diretto e consapevole che preludeva alla fase più ambiziosa della sua carriera. Gli fa coerentemente seguito The Lonesome Jubilee del 1987, un disco profondamente riflessivo e fortemente influenzato dalla  musica country, in cui Little Bastard ci racconta della vita reale (come avviene nell’omonima canzone) e delle problematiche dell’età  adulta. Lo zio Joe morto di cancro, la figlia, cui è dedicata Rooty Toot Toot, la Bibbia che ispira il testo dell’arrembante Paper In Fire, lo sguardo nostalgico agli anni giovanili di Cherry Bomb. Queste le tematiche di un album emozionale ed ispiratissimo che si apre agli strumenti della tradizione (mandolino, fisarmonica, banjo, dobro, dulcimer e soprattutto l’evocativo violino di Lisa Germano) affiancati da quelli del rock. Picco creativo del disco è la stratosferica Check It Out, senza tema di smentita una delle più intense canzoni degli anni ’80 e non solo. Magistralmente scandita dal metronomico mid-tempo del batterista Kenny Aronoff, Check It Out è una canzone da isola deserta, magistrale nel definire lo stile del nostro uomo, dove le chitarre fluttuano in un’atmosfera sensuale e mesmerica e dove la voce del “coguaro” smorza i toni e si carica di soulness.

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