giovedì 1 agosto 2019

I Had A Dream - Audience (1971)



Se avete una ragazza, una donna di cui siete follemente innamorati, una di quelle che vi hanno stregato rubandovi il cuore e che ogni volta che la vedete vi fa sentire mille farfalle che volano nel vostro stomaco, se avete una donna così e volete una canzone da ascoltare con lei mentre le passate le dita tra i capelli, beh, I Had A Dream degli Audience è la vostra canzone. Se poi siete della mia generazione e sapete cosa vuol dire ballare un lento avvinghiati a colei che amate, allora questa languida ballad è la canzone della vita, tutta giocata su un mesmerico arpeggio di chitarra su cui poggia il superbo canto di Howard Werth, una delle più struggenti voci del rock inglese.  Ce ne sono veramente poche di canzoni così, perché pochi sono i musicisti in grado di far viaggiare a tali altezze le pulsioni più romantiche dell’animo umano. Gli Audience hanno questo dono, visto che in un altro paio di occasioni hanno raggiunto il medesimo zenith. Poi, a ben guardare, molte altre sono le frecce al loro arco, come dimostra il melange di suggestioni folk, dolcezze pop, dilatazioni jazz e madrigali classici che improntano di sé The House On The Hill, il loro album capolavoro che data 1971, un’autentica meraviglia dalla prima all’utima nota. In quel disco, oltre ad I Had A Dream, potete infatti trovare una delle più intense rendition di I Put A Spell On You di Screamin’ Jay Hawkins, e non era affatto facile spremere qualcosa di sorprendente da un brano abusatissimo come quello; l’ipnosi da flauto à la Jethro Tull di Eye To Eye che riesce nel compito quasi impossibile di non far rimpiangere mastro Ian Anderson; la luciferina The House On The Hill, terreno di conquista per il sax di Keith Gemmel, nonché racconto horror che ci trasporta in un’atmosfera da incubo, fatta di efferati omicidi in serie con relativa sparizione dei cadaveri nella sinistra tranquillità della casa sulla collina, come magistralmente rappresentato in grafica dalla splendida copertina dello studio Hipgnosis; il folk’n’roll di Nancy, sfrontato scioglilungua, suonato a rotta di collo e arricchito di riff (alla chitarra acustica) e inserti micidiali di sax. E qui mi fermo non perché il resto del programma non sia degno di citazione, ma solo per lasciare al lettore il sottile piacere della scoperta.

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